Quella dei Frati Minori Cappuccini è la terza grande “famiglia” francescana, sorta sul tronco robusto dei Frati Minori Osservanti nel 1525, appena nove anni dopo che quelli avevano ottenuto la piena e totale indipendenza e i] primato giuridico, prima appannaggio dei Frati Minori Conventuali.
In quei tempi, il rigore che aveva caratterizzato il sorgere dell’Osservanza, ora che la “famiglia” contava membri a decine di migliaia sparsi in tutto il mondo, si era dovuto confrontare con altri modelli, che già da tempo non consentivano d’invocare a parametro la vita dei romitori o dei conventini della prima ora.
Nella situazione nuova, fatalmente modellata da esigenze pratiche imposte dall’evoluzione interna e dai fini apostolici, era spontaneo rivendicare il diritto insopprimibile di osservare la Regola alla lettera e in tutto il suo rigore.
E’ quanto fece il giovane sacerdote Matteo da Bascio († 1552), seguito in breve da altri tre compagni, tutti provenienti dalla “famiglia” minoritica Osservante, la quale fece il possibile per riassorbirli o contenere l’emorragia, ma superato il carcere, fughe e altre peripezie dei primi tre anni, intercedente Caterina Cibo, duchessa di Camerino e nipote di Clemente VII, i quattro ottennero la “bolla” «Religione zelus», datata 3 luglio 1528, che costituisce l’atto giuridico di nascita della “Famiglia Cappuccina“, cosiddetta dal largo cappuccio piramidale che indossavano sul saio.
Nel 1529 si tenne ad Acquarella di Albacina, il primo Capitolo generale dei Cappuccini, ove furono scelti i Guardiani delle piccole case, e frate Matteo quale superiore. Ivi si stabilirono i primi capitoli della loro regola: vita eremitica, rozzo abito con cappuccio a punta, testa scoperta, barba, piedi scalzi, vita di elemosina, attività missionaria tra il popolo. La povertà doveva scorgersi nelle misere celle, nella vita di digiuno e di penitenza, nel modesto arredamento delle chiese (altare di legno) e perfino nello stile semplice della predicazione: predicare il Vangelo e Gesù crocifisso senza ornati di oratoria, retorica o di filosofia. I Cappuccini dovevano dedicarsi ad opere sociali (fondazione di “Monti frumentari”) e benefiche (Ospedali, Lazzaretti, assistenza agli appestati).
Il primo loro convento sorse presso Camerino (chiesa di S. Cristoforo), poi i Cappuccini ottennero dai Gerolamini il luogo di Colmenzone, presso S. Maecello, quindi a Renacavata del colle Milone. Altre due case sorsero a Fossombrone e ad Albacina. Per opera di frate Ludovico, altre case sorsero in Calabria. A Roma si stabilirono a S. Maria dei Miracoli in Piazza del Popolo, con l’obbligo dell’assistenza all’ospedale di S. Giacomo. I Colonna, quindi, cedettero loro una casa all’Esquilino con la chiesa di S. Eufemia. L’Ordine si estese mirabilmente in tutta Italia, ed i Comuni fecero a gara a cedere un «luogo» per i frati così amati dal popolo.
Nel 1536 erano già 500 e, con sorprendente progressione, 3.300 nel 1571! Tetragoni alle ostinate opposizioni mosse loro soprattutto dalla “famiglia” di origine, riavutisi dal grave disorientamento provocato dalla clamorosa defezione del loro Vicario generale, Bernardino Ochino, passato all’eresia protestante, nel 1619, quando Paolo V concesse loro un proprio Ministro generale, sottraendoli alla giurisdizione nominale opportunamente demandata ai Conventuali e costituendoli in piena autonomia, i Cappuccini costituiscono un esercito di oltre 14.000 religiosi, validamente impegnati su tutti i fronti dell’apostolato cattolico, ma specialmente nell’assistenza agli appestati e nel ministero della predicazione popolare.
Anche per loro l’entrata in massa nell’apostolato attivo, missionario, caritativo-sociale, e più lentamente anche scientifico, comportò inevitabilmente una certa evoluzione interna, che li portò ad un maggiore adattamento all’esigenze della vita apostolica abbracciata, con adesione sempre più convinta. Tuttavia, nella variegata storia francescana, la “famiglia” Cappuccina ha sempre rappresentato la linea più rigida e austera. Anzi, quanto a icnografia di chiese e di conventi, onde evitare cedimenti e dissonanze con la povertà, la “famiglia” Cappuccina è l’unica tra i Francescani a dotarsi subito di una legislazione specifica e minuziosa, nella quale si prescrive che «le chiese etiam siano piccole, povere e oneste (…) secondo la santissima povertà (…). Però a questo fine si è facto uno piccolo modello, secondo el quale si fabricarà». Fatto questo che, senza escludere qualche variante, per altro di scarso significato architettonico, ubbidisce ad un modello e ad una tipologia unica, improntata a grande semplicità di forme, decisamente povera ed essenziale, con il risultato di costruzioni solitamente ripetitive e di matrice facilmente attribuibile.
Per il loro apostolato caritativo e sociale i Cappuccini furono sempre cari al popolo, del quale si fece autorevole interprete anche Alessandro Manzoni, il quale nel suo immortale romanzo (I promessi sposi) celebrò stupendamente questa loro cattivante attitudine a entrare nel cuore delle classi più umili.
Ma neppure l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che raggiunse una notevole diffusione in tutto il mondo e in terra di missione, sfuggì ai moti insurrezionali e alle soppressioni ottocentesche, ma la pronta riorganizzazione dei collegi e una provvida espansione missionaria, come per le altre “famiglie” francescane, hanno permesso loro una vigorosa ripresa.